Gli aiuti umanitari e quelli della ricostruzione postbellica 

IL CONTO DELLA SERVA

United Nations Relief  and Rehabilitations Administrations (U.N.R.R.A)

     

Nel trattare i capitoli della guerra ho fatto spesso riferimento alla dizione impropria United Nations (U.N.) “Nazioni unite” con cui venivano o si facevano chiamare gli alleati in guerra contro l’asse quando questa organizzazione non era ancora nata o abbozzata. Data per scontata la morte della "Lega delle Nazioni" (risalente al 1919 e di cui gli Usa non facevano parte), la parola Nazioni Unite venne usata per la prima volta da Roosevelt il 1° gennaio 1942 quando i paesi in guerra al loro fianco erano pochissimi e praticamente entrati nel conflitto 20 giorni prima a seguito dell’attacco di Pearl Harbor (in parole povere ci si faceva coraggio con grandi pacche sulle spalle e si enunciavano principi e sigle). "Declaration by United Nations" when representatives of 26 nations pledged their Governments to continue fighting together against the Axis Powers. Le Nazioni Unite o U.N. o Onu come la conosciamo noi, nacquero ufficialmente solo il 24 ottobre 1945, a conflitto chiuso, con la ratifica da parte di Cina (era la filoamericana Repubblica di Cina di Chiang Kai-shek e non quella Popolare di Mao che prevarrà in seguito a cui verrà assegnato il seggio nel consiglio di sicurezza in sostituzione solo nel 1971), Francia, Urss, Gran Bretagna, Usa e la maggioranza dei sottoscrittori che nel tempo avevano aderito (L’Italia è però all’Onu dal 1955). La differenza sostanziale con la preesistente Lega stava appunto nel Consiglio di Sicurezza  dotato di forti poteri e nei suoi 5 membri permanenti (detti sopra). Altri sei componenti (portati poi a 10) a rotazione ne facevano parte, ma il diritto di veto rimase ai 5 che alla fine lo usarono e lo usano uno contro le iniziative dell’altro. L’idea non piaceva agli altri paesi ma le condizioni erano queste: prendere o lasciare.

 

Fiorello La Guardia e Alcide De Gasperi
The main differences between the League of Nations and the United Nations were
the stronger executive powers assumed by the Security Council and the requirement
that member states should make available armed forces to serve as peace-keepers or
to repel an aggressor.

http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_degli_stati_membri_delle_Nazioni_Unite   

Prima ancora quindi che l’organismo nascesse una sua agenzia (di ispirazione e gestione Usa) era operativa per il soccorso ai paesi liberati: l’United Nations Relief  and Rehabilitations Administrations più brevemente U.N.R.R.A. L’UNRRA venne fondata nel novembre 1943 ad Atlantic City, quando l’unico continente liberato era l’Africa. I partecipanti a vario titolo e peso (beneficiari compresi a fine conflitto) erano 52. Si calcola che 4 bilioni di dollari furono spesi in medicine e cibo e 7 milioni di sfollati riportati alle loro case.  7/10 dei fondi erano forniti dagli Usa e li amministravano con Herbert H. Lehman, Fiorello La Guardia e il Gen. Lowell Rooks. L’intervento dell’U.N.R.R.A. si concluse il 30 giugno 1947 ( in Cina 9 mesi più tardi) quando entrarono in campo altre forme di assistenza postbellica transitorie in attesa del piano Marshall. Molte delle sue funzioni furono trasferite alle agenzie della neocostituita Onu. Oltre che dall’esaurimento della sua funzione principale la chiusura era spinta dalle pressioni di chi vedeva negli aiuti generalizzati all'est un pericoloso strumento di consolidamento dei governi comunisti o viceversa un ricatto per imporre ai governi beneficiari una cooperazione economica e politica con gli Usa.

 

     

IL PIANO MARSHALL - l’European Recovery Program (ERP)

   

http://useu.usmission.gov/Article.asp?ID=5D8E700B-8DEF-4860-B08E-E100C595A78A discorso alla Harvard Un. del 5/6/'47

   

da Anpi Associazione Nazionale Partigiani: Il Piano Marshall, operativo dall’aprile del 1948, fu una conferma dell’avvenuta presa di coscienza da parte degli americani della loro leadership mondiale. L’allora Segretario di Stato americano George C. Marshall  aveva posto dinanzi al Congresso lo stato di estremo disagio in cui versavano le economie dei paesi europei; così, forti della loro posizione, gli USA finirono per adottare l’European Recovery Program (ERP), il cui scopo era quello di aiutare la ricostruzione delle disastrate economie europee. In breve furono erogati miliardi di dollari a favore soprattutto dei principali alleati occidentali (Francia e Gran Bretagna), mentre alla Germania, il paese uscito più distrutto dalla guerra, andò solo una piccola parte. Anche l’Italia beneficiò degli aiuti americani nel suo processo di ricostruzione politica ed economica post-fascista. I fondi stanziati dall’ERP permisero di raggiungere il pareggio del bilancio statale e la stabilità monetaria oltre che un risveglio dell’attività produttiva; questi saranno i punti chiave che porteranno, negli anni ’50, al cosiddetto "miracolo economico" dell’Italia, cioè allo straordinario sviluppo dell’economia italiana i cui ritmi di crescita saranno tra i più alti del mondo (secondi solo alla Germania Federale). In realtà, gli aiuti scaturiti dal piano Marshall furono dettati più da ragioni strategiche che economiche; gli americani miravano infatti a portare dalla loro parte tutti i paesi dell’Europa occidentale allo scopo di arrestare l’avanzata comunista. Di qui la decisione di assisterli economicamente e di garantire loro la protezione militare contro un eventuale attacco sovietico. Secondo molti studiosi, fu proprio il piano Marshall a dare avvio alla guerra fredda.!!! (Ndr: abbiamo una nuova versione della guerra fredda)

 

opinione di Anpi

Centro persone disperse

Erano stati invitati anche l’Unione Sovietica e tre paesi dell’Europa orientale - Cecoslovacchia, Polonia ed Ungheria. L’Unione Sovietica rifiutò però la proposta di partecipazione al Piano ed impose anche agli altri di non intervenire alla Conferenza. In base alle stime, i maggiori beneficiari del Piano di aiuti furono la Gran Bretagna (circa il 25% del totale degli aiuti ), Francia 21%), Germania (11%), Italia (12%), e Olanda (8%).

From 1948 to 1952, the United States spent about $12 billion to assist the economic recovery of the western nations. The massive American financial aid made available for investment in industrial and agricultural production greatly stimulated the economic productivity of Europe. Two years after the launching of the Marshall Plan, the productivity of western Europe exceeded the pre-1939 average by 25%. In 1952, productivity was twice that of 1938

Nel piano Marshall ogni governo disponeva a titolo gratuito dell'86% dell'aiuto americano concesso; il rimanente 14% era a titolo di prestito. Ogni governo doveva costituire un "fondo di contropartita" nella propria moneta nazionale col ricavato dalla vendita delle merci ottenute gratuitamente  per la ripresa e lo sviluppo economico del paese. Dal 3 aprile 1948 al 30 giugno 1953 furono erogati all'Italia, in base all'ERP e alla MSA, 1.578 milioni di dollari.

 

Truman: "The Marshall Plan will go down in history as one of America's greatest contributions to the peace of the world. I think the world now realizes that without the Marshall Plan, it would have been difficult for Western Europe to remain free the tyranny of Communism.

COMECON: il Rivale di Marshall e della Comunità Economica Europea
L’Unione Sovietica, avendo rifiutato gli aiuti proposti dal Piano Marshall (che aveva comunque una durata limitata), decise d’intensificare la cooperazione economica all’interno dello Stato, al fine di fronteggiare con efficacia le esigenze di una maggiore produzione e di favorire un’evoluzione socio-economica. Così nel 1949 nacque il COMECON (Unione Sovietica, Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia, Romania, Ungheria, Albania, Germania Est, Mongolia, Cuba e Vietnam) con il quale l’URSS si assicurò il controllo delle economie dei paesi occupati o aderenti. Attraverso il “Consiglio di mutua assistenza economica” infatti, l‘URSS poté scegliere i processi di produzione dei paesi satelliti in modo tale che questi risultassero complementari a quelli russi. I tassi di scambio all’interno dell’area del rublo, nonché la quantità ed i prezzi dei beni scambiati furono quindi rigidamente controllati dal potere sovietico. A partire dal 1955 la cooperazione del COMECON si estese, fino a quando non si decise di attribuire, innanzitutto, al commercio estero una funzione di primaria importanza. Le principali istituzioni societarie del COMECON, comprendono: il Consiglio, costituito dalle delegazioni degli Stati membri; il Consiglio Esecutivo, formato da un alto rappresentante di ciascun governo; l’Ufficio per i problemi della pianificazione integrata, che rappresenta l’organo più dinamico dell’Associazione e il Segretariato. Nel 1956, vennero istituite 8 Commissioni Permanenti, per promuovere piani di specializzazione produttivi fra i Paesi membri.  Il Comecon muore di morte naturale nel 1991.
COMECON members were united by their commitment to Marxism - Leninism, Soviet - style central planning, and economic development. COMECON served as an organizational counterweight first to the Marshall Plan and then to the European Iron and Steel Community and its successor, the European Economic Community (Cee poi Unione Europea a cui ora si vogliono associare). COMECON was effectively directed by a group outside its formal organization, the Conference of First Secretaries of Communist and Workers' Parties and of the Heads of Government of COMECON Member Countries. The Soviet Union dominated COMECON. From 1949 to 1953, Stalin used COMECON primarily to redirect member trade from outside COMECON to within COMECON and to promote substitution of domestic production for imports from outside COMECON. The COMECON economic integration function was stepped up in 1956, the year of the Soviet invasion of Hungary, with the establishment of eight standing commissions, each planning for a different economic sector across the member countries.
 

     

IL CONTO DELLA “SERVA”

 

http://cronologia.leonardo.it/marshal/marsh.htm

LA BILANCIA ITALIANA DEI PAGAMENTI - 1948-1949

 

 

Ndr:Dopo quanto detto sopra, vado ad esaminare gli effetti del piano Marshall sulla economia italiana  dell’epoca. Mi avvalgo per questo di un opuscolo trovato su una bancarella di robivecchi  ed edito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’aprile ’49 (V Governo de Gasperi, Ministro Commercio Estero Merzagora) dal titolo LA BILANCIA ITALIANA DEI PAGAMENTI 1948-1949 (commerciale e non). Premetto che non riguarda le entrate e le uscite proprie dello Stato e nel titolo non vi è nulla di offensivo anzi…con la definizione “conto della serva” ci si riferisce spesso alla massaia o rezdora che tiene i cordoni della borsa, l’amministra e ne rende alfine conto con discorsi chiari e comprensibili a tutti. In queste poche definizioni penso ci sia già il 90% della bontà dei dati (e dei grafici). Un altro motivo di questo nome è la prima rappresentazione grafica che “enigmaticamente” nell'opuscolo la richiama (a sinistra)

La premessa per intero: (L’Erp chiuderà nel 1952 e per quell’epoca i conti dovranno essere in ordine, ovverosia in pareggio).  

Questo “Libro Verde” ha lo scopo di descrivere brevemente (per previsione) lo stato della bilancia dei pagamenti dell’Italia con l’estero nel corrente anno finanziario 1948/1949, che va dai 1° luglio 1948 al 30 giugno 1949. La bilancia dei pagamenti è il conto del dare e dell’avere di un Paese con tutto il resto del mondo. La parte più importante della bilancia dei pagamenti è sempre la bilancia commerciale.
La bilancia commerciale è il conto che ha da una parte il valore di tutte le merci che si vendono all’estero (esportazioni) e dall’altra quello di tutte le merci che si comprano dall’estero (importazioni). Se alle voci commerciali si aggiungono anche gli altri conti con l’estero le voci cosiddette “invisibili” (noli marittimi, rimesse degli emigranti e spese dei turisti), si ha la bilancia dei pagamenti correnti. Se si aggiungono anche i movimenti di capitale (prestiti, interessi, dividendi, ammortamenti, ecc.), si ha il conto completo dei pagamenti con l’estero.
Come una famiglia va verso la rovina quando le sue spese superano le sue entrate, così una Nazione, quando la bilancia dei pagamenti non è in equilibrio perchè i suoi conti con l’estero sono in passivo, non può vivere senza impoverirsi e senza ridurre il suo tenore di vita.
Dopo la guerra e a causa della guerra, i Paesi dell’Europa si sono trovati con i loro conti con l’estero in passivo (specialmente i loro conti con l’America) perchè per vivere hanno bisogno di comprare dall’estero più di quanto possono pagare. Anche l’Italia si trova in queste condizioni. Esse vanno lentamente, ma continuamente migliorando. Però la bilancia dei pagamenti italiana del corrente anno finanziario presenta ancora un forte squilibrio, perchè i conti sono in passivo. A questo passivo l’Italia, come fanno altri 18 Paesi, può rimediare perchè partecipa al Programma di Ricostruzione Europea (E.R.P.), per mezzo del quale riceve gratuitamente dagli Stati Uniti quella parte di merci che le occorrono, ma che non può pagare.

 

e si è visto

Andatevene: A noi non serve un piano Marshall

     

Cause dello squilibrio delle varie voci e sue soluzioni.

Fermo il concetto che le merci non hanno mai pareggiato il conto import-export anche in periodo di autarchia (figura sottostante), una delle tante cause (recenti) è anche il cambio di valore della moneta di riferimento, il dollaro, e del maggior peso che hanno in importazione derrate alimentari, scarse per l’impoverimento dei suoli durante il conflitto e dei mezzi meccanici obsoleti o mancati (bestiame compreso), e del minor peso delle nostre merci esportate non più appetibili o voluttuarie per il momento. Noli: la marina mercantile è scesa da 3.300.000 tonn  a  400.000. L’affondamento di buona parte del naviglio e le cattive comunicazioni terrestri (ferrovie e strade) hanno fatto lievitare il valore dei noli che sono diventati cari sia in importazione che esportazione. Per quanto detto prima del dollaro fatto 100 il valore (non il peso) dell’import prebellico nel ‘47 questo era di 118. L’export che lo copriva scendeva invece da 60% a 57%. A questo settore appartiene anche il capitolo della vendita all'Italia delle navi Liberty http://digilander.libero.it/fiammecremisi/eramoderna/recuperi.htm

 

Agricoltura e industria. L’economia italiana è un’ economia di lavoro pag. 2    
L’Italia produce la maggior parte degli alimenti necessari alla popolazione, ma non tutti. Prima della guerra, nonostante gli sforzi per l’autarchia, produceva a stento i 9/10 degli alimentari che consumava. Anche allora, come sempre, era necessario importare una parte, ora più ora meno grande, di alcuni generi alimentari essenziali, specialmente grano, carne e pesce. Altri, invece, sono stati sempre prodotti in abbondanza.
Quasi tutti gli alimentari provengono dall’agricoltura. Perciò la produzione degli alimentari dipende dalla quantità della produzione agricola. Oltre al consumo interno, l’agricoltura, negli ultimi decenni prima della guerra, dava anche, all’incirca, i 4/10 dell‘esportazione italiana, specialmente con i prodotti ortofrutticoli. L’agricoltura in Italia è l’occupazione più importante. L’economia italiana, non è soltanto agricola, ma anche industriale. L’industria occupa circa 1/3 della popolazione lavorativa.
L’esportazione dei prodotti lavorati e semilavorati delle industrie (specialmente tessili e meccaniche) ha sempre aiutato molto ad equilibrare la bilancia commerciale italiana. Però l’industria dipende dall’estero per il rifornimento di quasi tutte le materie prime. Il carbone, il petrolio, il rame, il cotone e la lana, la gomma e il ferro sono materie prime che non esistono in Italia oppure esistono in quantità modeste e assolutamente inferiori alla capacità dell’industria di trasformarle in prodotti manifatturati.
L’economia italiana è dunque principalmente un’economia di trasformazione e quindi di lavoro. Perciò, oltre ad alcuni prodotti agricoli, un’altra voce tipica dell’esportazione italiana sono i prodotti lavorati e semilavorati dell’industria. Questi caratteri propri dell’economia italiana sono rimasti in sostanza immutati dopo la guerra. Cosicchè la produzione italiana dipende molto dalla possibilità di comperare dall’estero materie prime e combustibili, oltre agli alimenti essenziali per completare il fabbisogno nazionale.
Il passivo del nostro commercio estero e come veniva compensato prima della guerra pag. 4
Anche prima della guerra l’Italia non ha mai potuto esportare merci per un valore bastante a pagare le merci che aveva bisogno di importare. Perciò la bilancia commerciale è stata sempre passiva. Se si dà uno sguardo alle cifre del nostro commercio con l’estero dal 1896, indicate nella figura sottostante, si vede che il valore delle esportazioni è stato sempre inferiore a quello delle importazioni. Questa differenza, ossia il passivo della bilancia commerciale, in certi periodi è stata minima (dal 1896 al 1900 il 97 % delle importazioni è stato pagato con le esportazioni); in altri periodi è stata molto grande (dal 1916 al 1920, a causa della guerra mondiale). L’Italia ha sempre compensato il passivo del commercio con l’estero quasi soltanto per mezzo delle cosiddette “partite invisibili” attive (spese dei turisti, rimesse degli emigranti, noli marittimi): i turisti che venivano in Italia vi spendevano moneta estera; gli emigranti mandavano aiuti alle loro famiglie in Italia in moneta estera; le navi italiane che trasportavano merci per conto di altri Paesi riscuotevano i noli in moneta estera. Così, aggiungendo al ricavato delle esportazioni questi altri mezzi di pagamento, l’equilibrio della bilancia dei pagamenti correnti si otteneva senza bisogno di ricorrere a prestiti stranieri se non in casi eccezionali.
 

     

 

Gli effetti della guerra sui conti con l’estero pag. 6
La guerra, oltre alle distruzioni materiali, è stata causa di un generale sconvolgimento nel commercio. La guerra ha distrutto mercati molto importanti per tutta l’Europa e specialmente per l’Italia (Germania); ha impoverito Paesi che una volta funzionavano da finanziatori dell’Europa (Inghilterra); ha ridotto la produzione agricola e industriale in quasi tutti i Paesi d’Europa; ha svalutato le monete. Una carestia di generi alimentari essenziali, e soprattutto di grano, è seguita alla guerra. È seguita anche una grave scarsità di carbone, perchè la produzione tedesca scese quasi a zero e quella inglese diminuì molto. Il risultato è che oggi 1’Europa, nel complesso, deve comperare in America molto più di quanto vi comperava prima della guerra e molto più di quanto oggi riesce a vendervi. Le mancano dunque dollari. Perciò la scarsità di dollari si è aggiunta alla scarsità di grano e di carbone. Quasi nessun Paese d’Europa riesce a produrre gli alimentari che consuma e neppure le materie prime industriali necessarie al consumo interno ed all’esportazione.

L’Italia si trova più o meno nelle stesse condizioni dei maggiori Paesi d’ Europa, quali la Francia, l’Inghilterra, il Belgio, eccetera. (pag.6) Anche in Italia la guerra ha aggravato lo squilibrio della bilancia commerciale e, oltre a ciò, ha ridotto i mezzi di pagamento. Infatti non soltanto il valore delle importazioni supera oggi quello delle esportazioni più di quanto lo superava prima della guerra, ma le partite invisibili attive della nostra bilancia dei pagamenti sono quasi annullate: la marina mercantile italiana è uscita decimata dalla guerra; l’afflusso turistico è molto rallentato; le rimesse degli emigranti sono molto diminuite dopo la lunga interruzione della guerra, mentre le rimesse dei nuovi emigranti sono ancora modeste.  

Nel più o meno e nell'eccetera si annida l'infinocchiamento che non manca mai in questo mondo. De Gasperi aveva già siglato (vedi capitolo in questa sezione) l'accordo del carbone col Belgio e questo paese disponeva di tutte le risorse alimentari necessarie, anzi con la colonia africana del Congo disponeva di banane, cioccolato, caffe ed altro che a noi erano venuti a mancare. Discorso simile anche per gli altri paesi.!!!

oltre la linea nera quelle coperte dal piano Marshall

segue  .(alimentari esportati nel ’38 tonn. 2.046.574, importati nel 1948 tonn 3.356.984). Però sono ancora meno dei 3/4 di quelle del 1938. Anche l’esportazione dei vini e conserve alimentari è aumentata rispetto al 1947. La produzione ortofrutticola è quella che ha meno sofferto per la guerra. Naturalmente questa, almeno quanto tutte le altre produzioni agricole, è soggetta alle variazioni dei raccolti; è sperabile tuttavia che in avvenire possa contribuire di più a ridurre il passivo del nostro commercio estero di alimentari e poi a farlo tornare attivo, com’era prima della guerra.

 

I generi alimentari pag. 17
L’ Italia oggi importa due volte e mezzo la quantità di generi alimentari che importava nell’anno 1938. Rispetto a tutto quello che 1’Italia importò nel 1938 (considerando le quantità) gli alimentari furono soltanto il 13 %. Invece nell’ anno 1948 sono stati più del doppio, e cioè il 30. La ragione principale di questo forte aumento di importazioni alimentari è che la guerra ha ridotto assai la produzione italiana di generi alimentari. La produzione dei cereali, che è di gran lunga la più importante, specialmente quella di grano, è ancora parecchio al di sotto della produzione di prima della guerra. Perciò l’importazione dei cereali comporta una spesa maggiore di quella di qualsiasi altra merce importata. La deficienza della mano d’opera nei campi (durata alcuni anni);l’impoverimento del terreno per mancanza o insufficienza della concimazione; la perdita (più o meno prolungata) di centinaia di migliaia di ettari coltivati (a causa delle operazioni di guerra, dei bombardamenti, delle mine, degli allagamenti); i danni alle case coloniche, alle foreste, alle piante ecc. ;la perdita di bestiame (il 15 % dei bovini, il 36 dei suini, il 41 degli ‘ovini, il 40 degli equini), le perdite nella flotta peschereccia: queste sono le cause principali della diminuzione della produzione. Alcune di queste cause si erano già fatte sentire verso la fine della guerra; altre si sono manifestate in modo imponente subito dopo. Alcune durano tuttora e dureranno ancora. La più grave, però, rimane l’impoverimento dei terreni, anche perchè le sue conseguenze non si eliminano facilmente in poco tempo. Di fronte a queste importazioni, quali sono le esportazioni? Rispetto a tutto quello che l’Italia esportò nell'anno 1938 (considerando le quantità) gli alimentari furono il 32 %. Invece nell’anno 1948 sono stati il 19 %. Le nostre esportazioni tipiche sono: frutta fresca e secca, ortaggi freschi, agrumi ed olio d’oliva. Nel '48 queste esportazioni sono molto aumentate rispetto al '47. segue a sx

Le materie prime e i combustibili pag. 20
Mentre la quantità di generi alimentari che importiamo è molto cresciuta dopo la guerra, la quantità delle materie prime (e semilavorati) per le industrie, è tuttora lievemente inferiore a quella dell’anno 1938. Alla fine della guerra l’attività industriale, nel suo insieme, era scesa ad un punto molto basso. Perciò era diminuito anche il fabbisogno delle materie prime e dei combustibili Con la rapida ripresa del lavoro e della produzione è aumentato il fabbisogno, e quindi l’importazione, di materie prime, di semilavorati e di combustibili. Di tutto quello che l’Italia importò nel '38 (considerando le quantità) le materie prime furono il 48 % e i semilavorati il 21
Invece nell’anno 1948 le materie prime sono state il 37 % e i semilavorati il 18. Le principali materie prime che l’Italia deve acquistare all’estero sono numerose le più importanti come valore, sono il cotone e la lana; i minerali e i metalli; il legname; la gomma. L’Italia deve acquistare inoltre i combustibili, cioè carbone e petrolio grezzo, per i quali dipende, quasi completamente, dall’estero. Fra tutte le materie prime (a parte i combustibili) il cotone e la lana comportano la spesa maggiore, perchè la produzione italiana è minima rispetto alle necessità dell’industria tessile; la quantità preventivata è attorno allo stesso livello dell’anno 1938.
È in aumento, rispetto all’anno 1947, l’insieme delle importazioni per le industrie siderurgiche e meccaniche, come pure l’importazione di minerali metallici. Però l’importazione di quasi tutte queste materie prime è ancora inferiore a quella del 1938 (la produzione italiana dell’acciaio grezzo ha raggiunto quella d’anteguerra, e così pure la produzione del piombo e dello zinco). L’insieme della produzione dei minerali metallici nell’anno 1948 è stata quasi una volta e mezza quella del 1947. Nella voce “diverse” delle importazioni di materie prime (pag. 15 immagine sopra) sono comprese le numerose materie prime per le industrie chimiche, per quelle della gomma, delle costruzioni, delle pelli e del cuoio, della carta, delle fibre artificiali. Ognuna di queste industrie ha bisogno di importare quantità più o meno grandi di materie prime perchè l’Italia dipende dall’estero per la maggior parte di esse. L’esportazione di materie prime dall’Italia è minima rispetto all’importazione e consiste principalmente in minerali e metalli non ferrosi: zolfo, marmo, mercurio e zinco. Manca invece del tutto, ed è sempre mancata, l’esportazione di combustibili solidi e liquidi, perchè l’Italia produce appena un quinto del carbone e quasi nulla dei combustibili liquidi che le occorrono. (La produzione nazionale di carbone e di bauxite (alluminio) è diminuita per la perdita delle miniere dell’Istria).
Il carbone ha una parte importantissima nell’economia. Il consumo italiano nell’anno 1940 fu di 17.054.000 tonnellate metriche, di cui 3.375.000 furono prodotte in Italia e il resto fu importato (dalla Germania). In quest’anno finanziario 1948/49 il consumo è previsto in 14.174.000 tonnellate metriche, mentre la produzione in Italia è prevista in 3.160.000 tonnellate metriche. Il costo dell’importazione del carbone è il maggiore dopo quello del grano ed è seguito da quello del cotone. Di combustibili liquidi l’Italia importa tanto gli olii grezzi da raffinare quanto i prodotti petroliferi già raffinati. Mettendo in efficienza ed aumentando le raffinerie italiane, si può importare meno prodotto lavorato e quindi risparmiare ed offrire lavoro agli italiani. Nel 48/49 è stato previsto il raddoppio della quantità raffinata (tonn. 3.045.000 contro 1.232.000)
 

- E' la stessa cosa con meno problemi meccanici -

  I manufatti pag. 23
In quest’anno finanziario 1948/1949 è prevista un’esportazione di manufatti (prodotti lavorati e semilavorati dell’industria e prodotti industriali dell’agricoltura) per un valore superiore di circa due volte e mezzo a quello dell‘importazione degli stessi tipi di prodotti. Il valore totale delle esportazioni di manufatti è da solo circa tre quarti del ricavato di tutte l’esportazioni. L’esportazione dei prodotti industriali è stata sempre la massima fonte di guadagno per l’Italia. È tornata ad esserlo anche dopo la guerra, via via che la produzione industriale, il cui indice nel 1945 era caduto ad un livello assai basso (secondo alcune valutazioni non molto più ,di un quarto del 1938), è risalito rapidamente fino a raggiungere, nella media dell’anno 1948, tra 1’ 88 e il 90 per cento della media dell’anno 1938.
La rapida ripresa delle esportazioni industriali è stata dunque possibile perchè la produzione industriale dalla fine della guerra si è andata avvicinando rapidamente al 100 per cento del 1938.
Il preventivo 1948-49 delle esportazioni di manufatti comprende la grande varietà dei prodotti delle industrie tessili, meccaniche, chimiche, siderurgiche, metallurgiche, alimentari, del cuoio e del vetro. Se si considera il valore, il maggiore ricavato proviene dalla vendita dei tessili, da quella delle macchine, dei prodotti chimici, degli autoveicoli e dei carri ferroviari. L’industria tessile nel 1948 ha collocato all’estero un volume di prodotti superiore di circa il 30 per cento a quello dell’anno 1947 e inferiore solo del 20 per cento a quello del 1938. Le industrie siderurgiche, metallurgiche e meccaniche nell’anno 1948 hanno raddoppiato il volume del 1938, che era stato già raggiunto nell’anno 1947. L’aumento maggiore, rispetto alle esportazioni di prima della guerra, si è avuto nella esportazione di tubi, di macchine utensili, elettriche, tessili e di semilavorati di alluminio, zinco e rame. Le esportazioni di autoveicoli non sono tornate alla quantità del 1938, ma vi si sono molto avvicinate.
La ripresa dell’esportazione è naturalmente più o meno rapida secondo le varie industrie, non solo secondo la loro produzione, ma anche secondo la loro capacità di collocare all’estero i loro prodotti. Questo è stato abbastanza facile nel primo dopoguerra, perchè la domanda di molti prodotti dell’industria era superiore all’offerta. Poi, con la ripresa della produzione anche all’estero, la concorrenza internazionale è tornata a farsi sentire quasi dovunque. Se distinguiamo i prodotti secondo il grado di lavorazione, e cioè i semilavorati industriali dai prodotti finiti, possiamo constatare che di tutto ciò che l’Italia esportò nell’anno 1938 (sempre considerando la quantità) i prodotti finiti furono il 42 %; nell’anno 1948 il 46. I semilavorati furono il 18 %; nell’anno 1948 sono saliti al 27. La quantità di semilavorati esportata nell’anno 1948 è stata superiore a quella del 1938 del 16 %. La quantità di prodotti finiti è stata inferiore del 14 %. L’esportazione di ambedue è cresciuta rapidamente dalla fine della guerra e in modo speciale dal 1947 al 1948: i semilavorati sono quasi raddoppiati; i prodotti finiti sono aumentati del 14 %. Il preventivo d’importazione nel 1948/1949, oltre ai diversi lavorati e semilavorati dell’ industria, comprende macchinario per oltre 130 milioni di dollari.
Queste macchine servono per migliorare l’attrezzatura tecnico-produttiva di una parte dell’industria, secondo un programma da svolgere in più anni, con l’aiuto dell’ERP. Il programma ha due scopi: 1) rinnovare il macchinario invecchiato, così da ridurre i costi di produzione; 2) aumentare la capacità totale di produzione. Si tratta infatti di macchine e di attrezzature di ogni genere, per quasi tutti tipi di industrie, specialmente per quelle siderurgiche, meccaniche e tessili, che hanno l’attrezzatura più invecchiata e danneggiata dalla guerra. Il Programma ERP è previsto della durata di 4 anni.
 

Il primo anno è già trascorso. L’ultimo anno sarà l’anno finanziario 1951/1952  (nel frattempo, il vuoto potrà essere colmato con le importazioni gratuite dagli Stati Uniti). Perchè l’Italia possa fare a meno dl qualsiasi aiuto straordinario dall’estero occorre che la bilancia dei pagamenti in ciascuno dei prossimi anni si avvicini sempre più al pareggio. Per ottenere questo risultato è necessario: produrre di più per esportare di più e nello stesso tempo per aumentare la disponibilità in Italia di quei prodotti, specialmente alimentari, che ora importiamo in quantità troppo superiore a quella d’anteguerra.
Il programma italiano per la prossima tappa, cioè per l’anno finanziario dal 1/7/49 al 30/6/50, prevede che sia possibile: un aumento della produzione agricola in modo che possa avvicinarsi a quella del 1938 fino a raggiungere il 97 % di essa; un aumento della produzione industriale in modo che possa superare di poco quella del 1938; che possa raggiungere, cioè, il 101 % di essa. Questo aumento della produzione dovrebbe permettere di aumentare le esportazioni da 848,6 milioni di dollari in quest’anno finanziario a 993,3 milioni di dollari nel prossimo anno finanziario. Quanto alle Importazioni, il programma per il prossimo anno finanziario prevede che dal miliardo e 401 milioni di quest’anno finanziario non oltrepassino un miliardo e 479,8 milioni di dollari. Con questo previsto miglioramento della bilancia commerciale, con la continuazione degli aiuti ERP e con altri progettati miglioramenti, il passivo dei conti con l’estero dovrebbe continuare a diminuire. Infatti il disavanzo della bilancia dei pagamenti, che quest’anno è di 679,1 milioni di dollari, dovrebbe scendere l’anno prossimo a 561,6 milioni di dollari. Questo risultato dovrebbe essere facilitato anche da una diminuzione delle spese dei noli marittimi e da un aumento delle rimesse degli emigranti e turismo.
 

     
APPENDICE    

Ndr: a destra dati De Agostini del deficit commerciale dal 1993 al 2006 (dopo l'ultima svalutazione, negli anni dal 1991 al 1997, la lira perdeva mediamente nei confronti delle principali monete Dollaro, Marco tedesco e Fr. Svizzero dal 31 al 37% ) positivi fino all'entrata in vigore dell'euro. Nei confronti dell'Unità provvisoria di conto ECU dal 1991 al 1997 la lira perdeva il 26% ma raggiungeva anche una punta del 50% nell'aprile del 1995



Andamento della bilancia commerciale dati Istat
Nel 1970 il disavanzo commerciale italiano era di -569 milioni di euro (eurolire, rispetto ad un valore complessivo degli scambi pari a poco più di 9 miliardi di eurolire. Nel 2005 la bilancia commerciale è risultata in passivo di circa 10 miliardi di euro, rispetto ad un valore delle transazioni pari a circa 600 miliardi di euro (Tavola 1 sopra somma dei due valori per calcolare la percentuale). I saldi commerciali sono indicatori di grande importanza per la valutazione dell’equilibrio esterno di un paese: tuttavia, il loro significato economico dipende anche dal livello complessivo dell’interscambio commerciale che come si è visto, nell’arco di 35 anni è aumentato in valore di circa 60 volte. In questo contesto l’utilizzo dei saldi normalizzati consente di tenere conto delle modificazioni nei livelli dell’interscambio: il deficit commerciale. pan al 6.3% dell’interscambio complessivo nel 1970, si attesta all’l,7% nel 2005. (si omette in questo caso di dire che il decennio positivo 1990-2000 è interessato da una grande svalutazione della lira effetto che poi si ripercuote nei peggioramenti successivi a cambio euro fisso)

 

anno

import export saldo
1990 112.434 105.107 -7.328
1993 120.330 137.488 17.158
1994 140.673 159.092 18.419
1995 173.354 196.860 23.506
1996 165.930 200.842 34.912
1997 184.678 211.297 26.619
1998 195.625 220.105 24.480
1999 207.015 221.040 14.025
2000 258.507 260.413 1.906
2001 263.757 272.990 9.233
2002 261.226 269.064 7.838
2003 262.998 264.616 1.618
2004 285.634 284.413 -1.221
2005 309.292 299.923  -9.369

2006

348.348

326.992

-21.356

 

 

2007

     

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